È ormai una moda. Il suono surround, con la sua immersività e la sua profondità, dona alla musica un tocco di realismo. Ma tutto dipende dalle decisioni prese in fase di mixaggio, e da ciò può dipendere la sensazione che una produzione suscita.

Ma come funziona il suono surround? Abbiamo due possibilità: realizzare una produzione immersiva mediante il binaurale, o surround psicoacustico, o mixare in Dolby Atmos/surround fisico. Il suono binaurale fa uso, come anticipato prima, di una tecnica detta “psicoacustica” per riprodurre mediante un sistema stereofonico suoni a 360 gradi. Come è possibile, facendo uso di soli due altoparlanti in posizione frontale o laterale? Il nostro cervello, o meglio, le nostre orecchie, equalizzano il suono in base alla sua provenienza dal mondo intorno a noi. I plugin binaurali permettono di collocare la fonte sonora in un ambiente tridimensionale, e il sistema equalizzerà il suono in partenza per “ingannare” le nostre orecchie. Arrivando già equalizzato, il suono verrà percepito come effettivamente proveniente dalla posizione designata. Il Dolby Atmos, o in generale il surround mediante altoparlante fisico, permettono di far provenire effettivamente il suono da un punto preciso della stanza, mediante delle casse collocate in apposite posizioni intorno all’ascoltatore, secondo schemi precisi. Ma come funziona la produzione in Dolby Atmos? In primo luogo serve un plugin installato nella DAW che utilizzeremo per comporre. Attraverso, magari, una patch bay virtuale, possiamo anche utilizzare un software separato. Il plugin/software surround elaborerà i suoni, e li restituirà alla DAW. Da qui, una conversione D/A ci permette di inviare il suono alle casse.

Il surround è in grado effettivamente di dare un valore aggiunto alle nostre composizioni, ma va usato con parsimonia. Se hai domande o curiosità, non esitare a scriverci!


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